Chiunque lavora con gli adulti e ha a cuore unicamente l’annuncio del Vangelo, si rende conto dell’inadeguatezza delle formule tradizionali e cerca un percorso per inventare strade nuove. Non vogliamo parlare di “catechesi degli adulti”, perché il termine appare ormai stretto per dire il compito e la sfida che il terzo millennio apre alla Chiesa: il compito di non lasciare privo del Vangelo le generazioni presenti e future. Al termine di “catechesi”, gli studiosi invitano a sostituire il termine di “evangelizzazione”, proprio per indicare il centro della questione: un problema d’inculturazione della fede e non tanto della sua trasmissione. È poi da ricordare che essere adulti oggi è diventato un compito più difficile che in altri tempi. Non è un’affermazione ingenua, del genere di quella che sentiamo ripetere da una generazione all’altra: “Questi giovani sono peggiori di quelli di una volta!”. È invece un’affermazione incontestabile, per il semplice fatto che “chi è adulto oggi è chiamato a vivere dentro una cultura di transizione, in un vortice di trasformazione accelerata che provoca disorientamento e confusione”. Essere genitori e adulti, è diventato un compito sempre più complesso. Un conto è “mettere al mondo un figlio”, un altro è “essere padri e madri”: infatti, oggi, il mutamento sociale e culturale ha provocato la caduta di qualsiasi modello educativo certo. Inoltre occorre creare ogni mattina un motivo nuovo ed essere disposti a riconoscerne l’inadeguatezza ogni sera: si va incontro, alcune volte, a tensioni e fallimenti. Tutto questo è altrettanto vero anche verso gli adulti, non solo quelli considerati lontani dalla Chiesa o addirittura indifferenti alla questione della fede. Molti dei cosiddetti “vicini” o “operatori pastorali” non percepiscono il bisogno di un incontro più profondo col Vangelo e con Gesù. Sono più persone che “bivaccano” nella Chiesa. Oggi abbiamo necessità di laici che “profumano” di Cristo e hanno la volontà di approfondire la propria fede per essere testimoni coerenti e credibili. Questo livello possono realizzarlo i laici, quanti non hanno ricevuto il sacramento dell’ordine: hanno una maggior libertà di azione e garantiscono continuità. Sono adulti, quindi persone mature che hanno superato la fase adolescenziale della vita e conoscono il significato della parola umiltà, coerenza, altruismo e disinteresse. Così possono aiutare i pastori a ripensare profondamente il legame con la gente: diventano veicolo per far spazio all’uomo concreto, lasciando ogni forma d’indottrinamento e di visione pessimistica o troppo ottimistica. Questi adulti permettono di mantenere aperta la strada sul significato dell’uomo, facendolo incontrare nuovamente con Dio che lo può rendere più uomo. Questo implica un cammino, potremmo dire, “col Vangelo in mano”: la Parola diventa l’unica bussola della vita degli adulti permettendogli di compiere le scelte più vere. Cristiani adulti che desiderano una vita autentica e felice non possono escludere Dio dalla loro esistenza: soprattutto Dio è la loro vita, non un qualcosa di estraneo e in più da rispolverare nel caso di necessità e bisogno. Approfondire la Parola e averla come riferimento unico: Essa allora interpella, offre significati e traccia itinerari. Raccontando così la fede, questi adulti, hanno in se stessi la capacità di produrre ciò che annunciano e di entrare nel cuore di quanti incontrano ogni giorno. La famiglia, la comunità ne trarrà giovamento nel cammino e nella capacità di aprirsi al mondo e alle persone.
don Alessandro Maffiolini