Il suo significato
Il nome dato a quest’Opera di Misericordia è forse poco felice, perché sembra presupporre che il cristiano non peccatore debba ammonire chi lo è. Anche per questo motivo, probabilmente, è andata dimenticata e così si è persa anche memoria del fatto che l’idea sottostante sia quella della correzione fraterna. Ammalati come siamo di una vera e propria patologia, qual è l’indifferenza degli uni verso gli altri e la conseguente mancanza di prossimità, non sappiamo neppure più che la correzione fraterna è uno degli atteggiamenti cristiani più decisivi per la salvezza del singolo e per la stessa comunità cristiana, la Chiesa. Se non ci si sente custodi, responsabili del fratello, della sorella, dell’altro, diventiamo come Caino nella Genesi e rischiamo di vivere nell’isolamento, senza guardare gli altri e senza avvicinarci ad essi. Finiamo per pensare solo a noi stessi, ai nostri interessi e diventiamo incapaci di vedere il male che compiamo ogni giorno verso Dio e verso le altre persone, comprese le più vicine. Arriviamo a considerarci perfetti e infallibili, attributi che invece non consideriamo presenti negli altri. In questo modo non è possibile il dialogo e il riconoscersi figli di Dio. S’incoraggia la crescita del male, di confini impossibili da valicare; si autorizza a compiere il male senza essere frenati e richiamati. Si arriva a pensare che quanto si faccia sia sempre giusto e che nessuno abbia il diritto di dirci qualcosa. Inoltre constatiamo, se siamo intellettualmente onesti, che la cultura occidentale che s’impone sui mezzi di comunicazione e sulle politiche economiche e sociali, sta cancellando sempre più il senso del peccato; anche in quelle famiglie e persone che si dichiarano credenti. La parola stessa “peccato” è scomparsa del tutto e non sono rari i casi in cui esso venga approvato e applaudito. Non bisogna mai tacere davanti al male. Non scomodiamo la bandiera del rispetto umano o della privacy per adeguarci alla mentalità comune: il Battesimo ricevuto ci spinge a mettere in guardia i nostri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità del Vangelo e non seguono la via del bene. La correzione fraterna si ispira ai criteri di misericordia, gradualità, rispetto e giustizia. La correzione è necessaria per non alimentare rancore e odio nel nostro cuore: non è dunque solo per il bene del fratello che è ammonito, ma anche per quello di chi la esercita. Essa tende a far rientrare il fratello nella relazione di amicizia e di amore: per questo occorre che siano rivitalizzati l’ascolto e la fiducia. La correzione, in effetti, deve avvenire non come giudizio, ma come servizio di verità e di amore al fratello. È frutto dello Spirito e permette di ricondurre sulla via della vita un fratello che si stava smarrendo. Ammonire i peccatori esige, infine, equilibrio e fede, libertà e coraggio; va esercitata con fermezza e senza umiliare l’altra persona. Esiste poi una dimensione ecclesiale di quest’opera: ogni comunità cristiana non può esimersi dal metterla in atto.
Gesti concreti
Riconoscere che tutti possono peccare e che nessuno è immune da questo pericolo.
Non avere paura di dare consigli su come vivere meglio la vita di famiglia, il lavoro, la scuola, gli amici.
Essere sempre animati da uno spirito di amore e di misericordia e non dimenticare che la “nostra condanna” deve essere del peccato e non del peccatore.
La nostra azione deve partire dalla preghiera e dalla sincera testimonianza del nostro comportamento.
Arrivare, dove possibile, all’ammonimento fatto con discrezione e carità.
Mettere in guardia con energia, ma anche esortare, riprendere, correggere con amore per farsi vicini al prossimo ed incidere positivamente nella sua vita.
Ricordarsi che ogni essere umano è custode del fratello: deve avere cura del suo cammino, della sua fede, della sua vita cristiana; si è a servizio degli altri.
Ravvivare la convinzione di fede che siamo un “solo corpo”, ci salviamo insieme e il male di un membro fa male a tutto il “corpo” della Comunità.
Evitare ad ogni costo la critica e il pettegolezzo per non “uccidere” il fratello o la sorella destinatari delle nostre parole.
Chiarire agli uomini che solo la legge di Dio è la misura della moralità dei nostri atti e che distinguere il bene dal male è la premessa indispensabile per una vita che sia davvero umana.
Non dimenticarsi mai che appartiene alla missione propria della Chiesa l’adoperarsi perché non si perda, nella coscienza comune, il senso di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Tenere ben presente che la credibilità richiede insistenza e fedeltà, non un gesto di impulso per mettersi a posto la coscienza. Solo un amore così permette di cambiare e comprendere il nostro peccato.
A cura di Alessandro Maffiolini