Ci avviamo alla conclusione dell’anno liturgico: è spontaneo pensare alle possibilità che abbiamo avuto di fare spazio a Dio e al prossimo nella nostra vita. Nessuno di noi è così povero da non avere nulla da offrire, sia all’altro, che è il nostro prossimo, sia all’Altro che è il nostro Dio. È necessario, prima di tutto, riconoscere i grandi doni che Dio fa a ciascuno di noi; sono quei talenti cui dobbiamo portare frutto e da non nascondere sotto terra. La fede consiste anche nel fidarsi di Dio e nel mettersi totalmente nelle sue mani. Quanto è bello donarsi a Dio e agli altri. “La nostra religiosità, invece, rischia spesso di fermarsi alla forma, alle apparenze, perciò alla superficie; non coinvolge il cuore, non tocca l’essenziale”. Dio ha criteri diversi dalla cultura e società di oggi: non ci misura in base alle molte preghiere, ai molti riti, ai molti pellegrinaggi, ai rosari e così via. Tanto meno ci misura in base alla quantità delle nostre offerte materiali. Egli guarda soltanto al nostro cuore e alla nostra volontà di amare con tutto noi stessi. Dio non misura gli atti umani col nostro metro che si ferma alle apparenze. Egli non misura in cifre quello che doniamo; lo misura in amore, lo valuta secondo il metro dei valori interiori della persona; egli arriva al cuore. Inoltre, Dio non dona ciò che ha; dona ciò che è, cioè la sua stessa vita. Gesù non è un ricco che è venuto a visitare la terra magari mascherandosi e camuffandosi. Il Dio cristiano si manifesta o meglio è presente nei poveri, negli abbandonati, in quanti non sono considerati e messi da parte. E questo può accadere anche nelle nostre comunità cristiane che non sanno più riconoscere la presenza di Dio. Si diventa luoghi di scontro, di lotta in cui ogni gruppo parrocchiale procede per conto suo e vede negli altri, e in chi ha il coraggio di pensarla diversamente, dei nemici da eliminare. Così si distrugge e non si costruisce una nuova civiltà dell’amore. Si pensa di essere nel giusto, quando invece si è in pieno nel male e nell’errore. “Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Gesù viene a rivelare il vero volto di Dio, il quale riversa gratuitamente il suo amore nell’uomo, ed è grazie a quest’amore che l’uomo ama se stesso, Dio e gli altri. L’amore, cioè, prima ancora che nostra decisione scelta, è dono di Dio fatto a ciascuno di noi. “Potremmo addirittura dire che il nostro amore è semplicemente l’amore di Dio che trabocca da noi che lo abbiamo accolto, come l’acqua trabocca da un bicchiere pieno”. L’invito e il consiglio che sta sullo sfondo è dunque questo: “lasciati amare da Dio, accogli il suo amore dentro di te e lascia che la tua vita sia recipiente che si colma e che trabocca. Tutti noi sappiamo che lasciarsi amare è ancora più difficile che amarsi e amare”. Come cristiani e cittadini di questo mondo, non possiamo esonerarci dallo sviluppare relazioni educative dove investiamo tutto noi stessi nel dono di sé, certi che questo è fedele all’esempio di Gesù e ci incammina verso la santità. Forse per questo, sulla bocca di Gesù, l’amore non è spontaneo, ma è un comandamento. Da emozione diventa scelta.
don Alessandro Maffiolini