Dove sono finiti i Santi patroni?
Esattamente un anno fa abbiamo celebrato con solennità i 400 anni dall’arrivo delle reliquie di san Cassiano nella nostra comunità trecatese. Sulle pagine del Bollettino avevamo auspicato, anche grazie alla presenza e alle parole del Vescovo di Imola, che fosse l’occasione per ogni persona di allargare i propri orizzonti cristiani della quotidianità e inserire in ogni scelta quei valori essenziali dell’accoglienza, della testimonianza coerente, della generosità e dell’umiltà. Questi erano i valori, e lo sono ancora, che possono rendere la nostra Trecate una città realmente tale, pronta a trasformarsi in un modello di civiltà per i paesi confinanti. La fede, avevamo riscoperto nelle Feste patronali, è un dono gratuito che, se accolto realmente, permette di sentire in ognuno la necessità di compiere scelte conformi a tutto il Vangelo e non solo a ciò che ci è comodo. Sorge spontaneo l’interrogativo circa il lavoro fatto dopo 365 giorni di ‘occasioni avute’. Siamo andati avanti nel cammino cristiano o siamo retrocessi a un livello in cui la fede è solo un dettaglio nella nostra vita e non pesa sulle nostre scelte? Spesso ci professiamo cristiani e viviamo come se il Vangelo e Gesù non esistessero o fossero cose del passato. Fare festa in ricordo dei nostri Santi Martiri è sicuramente una cosa importante: celebrazioni, concerti, fiere, rappresentazioni, sagre, spettacoli, fuochi d’artificio e altro aiutano a creare un bel clima. Lo scopo delle Feste, allora, è quello di aiutarci a ‘riorientare la bussola’, onorando i Santi e rendendo, una volta in più, la loro presenza viva nella nostra città.
È un modo per dire a tutti che vogliamo seguire il loro esempio. Per loro sicuramente al centro di tutto era la relazione profonda con Gesù Cristo, che ne ha trasformato l‘esistenza, donando loro la capacità di metterLo al primo posto anche a costo della loro stessa vita. Fare qualcosa in onore di una persona significa anche entrare in sintonia con questa e con i suoi pensieri e, a poco a poco, mettersi in cammino sul suo modello. Altrimenti il rischio è di fare una festa vuota, solo perché è arrivata ‘la data’ e non per una convinzione profonda della Comunità. Certo, pensare e vivere una festa così oggi potrebbe suonare inconsueto e scomodo; diverse volte, nella cultura odierna, il “far festa” ha lo scopo di evadere dalla quotidianità. Non dobbiamo prendere le distanze dai martiri se abbiamo il desiderio di compiere qualcosa in loro onore.
Attraverso il loro esempio e testimonianza è Gesù che bussa alla porta del nostro cuore e della nostra città: ci chiama ad alzarci, ad essere svegli, attenti e capaci di scoprire le cose che nella vita contano davvero. Anzi ci chiede ancora di più: spalancargli le porte del nostro cuore ed andare pieni di gioia per le strade del mondo, bussando senza paura alle porte del cuore di ogni ragazzo, giovane, adulto, anziano, invitandolo ad accoglierlo nella sua vita. Solo allora diventano naturali la solidarietà e l’accoglienza. Spesso i Santi, e forse anche Cassiano e Clemente, hanno pregato per i loro uccisori o comunque per quanti non condividevano la loro fede. A noi battezzati, allora, l’invito a ricordarci di essere una sola famiglia e di essere chiamati a pregare incessantemente per quanti ci criticano, ci deridono e ci attaccano: anche a loro va il nostro affetto, perché sono nostri fratelli; ricordiamo che diverse volte i martiri sono uccisi dai loro familiari, amici e conoscenti. Senza paura andiamo avanti: i Santi sono accanto a noi e ci sostengono.
A cura di Alessandro Maffiolini