Sappiamo già che è un tema impegnativo e difficile, perché per molti la parola “comunità” non dice più niente. Purtroppo anche per diversi cristiani, è un termine cancellato dal loro vocabolario e sostituito con: “Secondo me, Io la penso così, il mio gruppo…”, parole che esprimono una concezione molto individuale e personale della fede e della vita stessa. Certo in questo modo di pensare è difficile entrare con uno sguardo più ampio capace di vedere le necessità e i bisogni degli altri. Altro atteggiamento che si può evidenziare e quello circa la mancanza di collaboratori pastorali che mettono a disposizione il loro tempo e le loro qualità per gli altri e la comunità senza chiedere nulla in cambio (tanto meno economicamente). Quest’atteggiamento disinteressato e squisitamente evangelico era quello che reggeva le parrocchie e le rendeva “grandi”, capaci di avere uno sguardo ovunque ci fosse necessità di un intervento e di aiuto. Maria può darci una mano a capire meglio. Pensiamo a chi era la Vergine Maria: una ragazza ebrea, che aspettava la redenzione del suo popolo e nel disegno d’amore di Dio era destinata a diventare la Madre del Redentore. Nell’Annunciazione Maria risponde “sì”: da questo momento la Sua fede è vissuta “nella semplicità delle mille occupazioni e preoccupazioni quotidiane di ogni mamma, come provvedere il cibo, il vestito, la cura della casa”. In questo modo, Maria penetra nel mistero e nella conoscenza di Dio, “meditando ogni cosa nel suo cuore alla luce dello Spirito Santo, per comprendere e mettere in pratica tutta la volontà di Dio”. È fondamentale anche per noi cristiani: spesso la comunità è poco importante perché è lo stesso Cristo che non conosciamo e che non è il centro della nostra vita. Proprio un’esistenza normale come quella della Madonna, diventa il terreno dove si svolge un rapporto singolare e un dialogo profondo tra noi e Dio, tra noi e Gesù. Come la maternità della Madre si è dilatata sempre più fino a raggiungere la Chiesa intera sparsa nel tempo e nello spazio, così anche la nostra fede ampliarsi e raggiungere ogni fratello e sorella in Cristo. Da qui nasce la disponibilità di ogni battezzato verso la comunità, la Diocesi, la Chiesa intera sparsa nel mondo, sino alle periferie esistenziali e sociali delle nostre città. Il dono più importante da portare è certamente quello della fede in Gesù, attraverso la nostra coerenza e testimonianza. Dall’altra non possiamo dimenticare che la comunità tutta, in ogni suo membro (e non solo i sacerdoti, per questo non serve l’ordinazione) è chiamata a farsi carico dei fratelli e sorelle in bisogno e in difficoltà. La “carità”, nel senso profondo del termine, è ambito di ogni battezzato: il battesimo ci abilità a “fare la carità”. Quanto bello sarebbe vedere una comunità che cammina su queste strade che Maria ci indica: certo qui abbiamo solo abbozzato a un possibile itinerario. Spetta a ogni persona scegliere questa strada. Infine accenniamo anche al fatto che Maria ha accettato la volontà di Dio con “quell’obbedienza che porta frutto, che dona la vera vittoria sul male e sulla morte”. È bello questo insegnamento di Maria: l’essere sempre uniti a Gesù. È la strategia migliore per proseguire il cammino della vita pur tra le inevitabili difficoltà. Chiediamo con intensità al Signore che ci doni la sua grazia, la sua forza, affinché nella nostra vita e nella vita di ogni comunità ecclesiale si rifletta il modello di Maria, Madre della Chiesa. Buon mese di maggio a tutti.
don Alessandro Maffiolini