Nel Tempo dell’Avvento anche noi siamo chiamati ad ascoltare la voce di Dio, che risuona nel mondo attraverso le Sacre Scritture, specialmente nel Vangelo. La fede e la nostra vita, infatti, si fortificano nella misura in cui si lasciano illuminare dalla Parola di Dio. È un tempo che solo in apparenza si presenta come una tradizione che si ripete. Ogni anno abbiamo la possibilità di constatare come il Regno di Dio avanzi nella Storia. I segnali che provengono dal mondo potrebbero scoraggiare, perché la celebrazione liturgica sembra poca cosa, debole e fragile rispetto ai conflitti, alle tensioni, alle guerre e ai problemi esistenti. Siamo davanti a un tempo espresso con sobrietà particolare dalla Liturgia. È allora un tempo di preparazione che invita a intraprendere un nuovo percorso, settimana per settimana, verso l’incontro con il Signore: dobbiamo alimentare sempre la nostra attesa e la capacità di riconoscere i bisogni dei fratelli ed intervenire in loro soccorso.
Abbiamo iniziato un periodo che ha in sé un annuncio inaudito, una profezia che vuole svegliare le coscienze, che ha il coraggio di vedere luce dove il mondo identifica tenebra e dolore inspiegabile. Queste quattro settimane non possono lasciarci indifferenti: siamo chiamati ad andare verso il Signore. In verità, è proprio il Dio che si fa uomo a smuoverci dal nostro immobilismo e a sospingerci a vincere egoismi, stanchezze e pigrizie. Incontrare Gesù, per chi si dice credente, non è solo fare conoscenza con un simbolo idoneo a esprimere l’elevato fondamento dei valori civili: è entrare in comunione con l’unica persona capace di smuoverci dall’immobilismo in cui la cultura odierna ci inserisce; Lui può liberarci dalle nostre stanchezze e pigrizie e aprirci a una vita bella e donatrice di amore e accoglienza.
Abbiamo l’occasione per un rinnovato incontro con Lui, per cambiare la nostra vita, la nostra famiglia, la nostra comunità e la società. A noi spetta la scelta. Un Avvento che arriva al termine di un Giubileo straordinario come quello appena vissuto è in realtà un’altra occasione che la bontà di Dio pone davanti a tutti i credenti per assumere in loro la “trasformazione della Storia che il Risorto opera incessantemente”; il Signore che viene è, infatti, il Risorto capace di trasfigurare ogni cosa e ogni persona.
Possiamo scoprire che il primo ambito in cui siamo chiamati a lavorare è quello della nostra interiorità, la nostra vita in cui spesso siamo lacerati e sofferenti per varie motivazioni. Ricostruire il nostro cuore spezzato (nessuno può dire il contrario) è il primo passo per riedificare un’autentica pace sociale e comunitaria; riattiveremo così tutte quelle energie buone che aiutano a superare chiusure, superficialità, indifferenze e ad aprirsi ai fratelli nel segno della Misericordia autentica. Possiamo quasi dire di avere l’occasione di una “buona psicoterapia” in cui la Liturgia ci fa entrare per guarire dai “molti mali” che bloccano il nostro cuore. È l’inizio di un cammino; abbiamo davanti a noi ancora un anno intero per scegliere di portare frutti “di vita eterna”, di compassione, accoglienza e amore. Ecco allora la sorprendente scoperta: la mia, la nostra speranza è preceduta dall’attesa che Dio coltiva nei nostri confronti.
Dio ci ama e attende che noi torniamo a Lui, che apriamo il cuore al Suo amore, che “mettiamo la nostra mano nella Sua e ci ricordiamo di essere Suoi figli”.
Ogni uomo è chiamato a sperare corrispondendo all’attesa che Dio ha su di lui.
A cura di Alessandro Maffiolini