A Novara in via Monte san Gabriele esiste ancora una struttura molto grande e maestosa costruita ormai oltre sessanta anni fa. È il seminario vescovile san Gaudenzio. Il senso profondo di una realtà come questa è vivere “al seguito di Gesù Buon Pastore in un contesto di comunione fraterna, al modo degli apostoli, lasciandosi conformare e assimilare a lui, sotto la guida dello Spirito Santo, per essere mandati poi a raccogliere, pascere e ricondurre al Padre il suo gregge”. È anche un cammino di umiltà, perché si è solo amministratori che cercano di essere più fedeli possibile a Dio, origine e fonte di ogni vocazione. Certo le vocazioni sembrano diminuire. Dio continua a chiamare: pochi sono i disponibili a seguire una strada particolare, non di gioia e potere, ma di umiltà e servizio. Questo è difficile: è sufficiente vedere come queste ultime due parole sono poco vissute e un po’ disprezzate anche da noi cristiani. La Chiesa ritiene comunque ancora necessario per i giovani un tempo di vita comune per stare con Gesù e con i fratelli nella consapevolezza della chiamata comune. È un luogo di formazione e normale spazio, anche materiale, di una vita comunitaria e gerarchica. Elenchiamo velocemente gli obiettivi di un seminario perché ci permette di comprendere meglio anche quelli di una comunità cristiana. Innanzitutto è il formare cristiani che sull’esempio di Cristo Pastore possano dedicarsi con tutte le forze al “ministero di insegnare, santificare e reggere il popolo di Dio”; è lo stesso per i cristiani di Trecate o di un’altra comunità. È l’essere annunciatori non improvvisati, ma seri e coscienti di un messaggio che ci supera e che non ci appartiene. Inoltre offre una vita spirituale incisiva insieme a una vita comunitaria capace di favorire autentiche relazioni di fraternità e di amicizia accompagnate dal crescere di un senso di appartenenza alla Chiesa. E questo in una comunità cristiana non è facile da trovare: è sufficiente guardarsi attorno e capire come procedono le cose. Certo è importante poi non dimenticare di aiutare i giovani a giungere a una maturazione di una personalità equilibrata, matura e coerente, disponibile a inserirsi in un presbiterio diocesano più ampio e a un impegno fedele nel tempo. Il tutto poi, come in una comunità cristiana normale, va condito con varie forme di comunicazione del Vangelo adatte agli uomini di questo tempo; con la capacità di assumersi una corresponsabilità condivisa; con un forte slancio missionario. Sarebbe bello che tutte queste brevi caratteristiche fossero vissute appieno nei cammini formativi e specialmente le comunità parrocchiale guardino al Seminario come luogo indicativo, dove sotto la cura del Vescovo, esso diventa modello di formazione e costruzione di cristiani con “il Vangelo in tasca”. Il Seminario però va amato e sostenuto anche per quello che è nel presente. Una comunità di giovani in cammino vocazionale. Non basta che giungano con le carte in regola all’ordinazione: serve che giungano con la più profonda comunione nella loro Chiesa e per la loro Chiesa. La comunione nella Chiesa riguarda tutti. La Giornata del Seminario serve a prendere questa coscienza: controllarci e aiutarci l’un l’altro. È la premurosa vigilanza che hanno i genitori verso i figli perché crescano bene. In un certo senso i seminaristi sono figli di tutta la comunità cristiana. Buon cammino.
don Alessandro Maffiolini