Siamo giunti finalmente al cinquantesimo giorno, la pienezza della Pasqua. Il dono dello Spirito può essere effuso sulla Chiesa, come per una nuova creazione, per trarre fuori tutti dalla morte. Nel mistero della Pentecoste Dio continua a rendere santa la sua Chiesa; essa è quanto Gesù ha voluto come continuazione concreta della sua missione. Egli, come ricordava Giovanni Paolo II, effonde il suo Spirito per rinnovare il volto dell’umanità e renderla sempre più simile a Lui. La Pentecoste non è un evento accaduto e terminato nel passato, è sempre attuale: non vi è assemblea liturgica in cui lo Spirito Santo non agisca, nell’ascolto della Parola, nella trasformazione dei doni eucaristici perché siano segno memoriale del dono di Cristo, nella riconciliazione delle persone attraverso il reciproco perdono, nella testimonianza della vita nuova dei battezzati. È lo Spirito che continua il dialogo dei figli con il Figlio e il Padre. Le parole non sono fiato che si perde al vento del più forte e che può essere cambiato a piacimento o a convenienza. Possiamo dire senza dubbio: Cristo realizza ogni sua parola per indicare a noi di avere la stessa possibilità. È molto bello poi vedere come nello stesso luogo in cui Cristo ha celebrato la Cena, fa scendere il fuoco dello Spirito Santo. È una fiamma che anche oggi riscalda e unisce, illumina e purifica, guidando i credenti alla verità. Il sapore del pane donato da Gesù si mischia con il gusto dell’amore dello Spirito Santo. La vita cristiana diventa senza dubbio vita “nello” Spirito di Dio. “La spiritualità cristiana non è qualcosa di vago che determina un benessere fisico o psichico passeggero, ma è esperienza dello Spirito che Dio ci ha donato attraverso Gesù”. La Pentecoste ha, dunque, una sua perenne attualità. Non esiste assemblea, ascolto, esperienza, scelta, decisione in cui lo Spirito Santo non sia presente: in qualunque momento della sua vita il cristiano è e rimane “battezzato”, cioè immerso, nello Spirito Santo. Tutti lo sappiamo: “c’è anche oggi, come in ogni tempo, chi cerca di costruire “una città e una torre che arrivi fino al cielo”. Sono i progetti umani, anche i nostri progetti, fatti al servizio di un “io” sempre più grande, verso un cielo dove non c’è più spazio per Dio”. Dio ci lascia fare per un po’, in modo da farci sperimentare fino a che punto di male e di tristezza siamo capaci di arrivare senza di Lui. Inoltre, cosa stupenda, Cristo non vede l’ora di buttare all’aria tutto, per farci ricominciare! Noi siamo sempre un po’ “stretti” di sguardo, di cuore; finiamo per perdere l’orizzonte; arriviamo a convincerci di aver compreso tutto, di aver previsto cosa accadrà, di essere i migliori e il centro del mondo e della comunità. Siamo (preti, religiosi/e, laici, battezzati) illusi di toccare il cielo anche quando tutti ci applaudono e dicono che senza di noi… Quante illusioni e quante occasioni perse. Sono tutte costruzioni nostre che s’illudono di toccare il cielo. Invece lo Spirito irrompe nel mondo e fa nuove tutte le cose. E può rinnovare anche noi. Lo speriamo, siamo certi. Mi fa piangere quando vedo una Chiesa che crede di essere fedele al Signore, di aggiornarsi quando cerca strade puramente funzionalistiche, strade che non vengono dallo Spirito di Dio. Quando parliamo di fraternità, ma tutto gira attorno a noi o a persone che ci piacciono o ci fanno divertire: e gli altri? A poco a poco ci si allontana e si pensa che siano loro il problema. Spirito Santo scendi su di noi, apri i nostri cuori e le nostre menti. Speriamo in te che tutto puoi. Rinnova la faccia della terra.
don Alessandro Maffiolini