Ogni anno arriva il giorno in cui si ricorda un santo che è considerato il fondatore o primo vescovo di una Diocesi. È un avvenimento importante e celebrato sempre con solennità sia nella liturgia sia nell’ambito civile. Fondamentale però è che non rimanga un pio ricordo, ma si trasformi in sfide nuove da accogliere e affrontare insieme guidati dal Vangelo. La vita di san Gaudenzio è un aiuto in questo cammino di tessitura non semplice facile e che procede controcorrente anche davanti alle idee più innovative. La sfida che ha affrontato e che viviamo anche oggi riguarda il baricentro della Chiesa: sta passando dalla centralità del sacramento dell’ordine a quella del battesimo. Come nei primi secoli, anche oggi al centro non sta la gerarchia, l’istituzione, ma la vita cristiana, la sequela dei discepoli di Cristo e “lo stupore di fronte a cammini e ricerche che non possono terminare che con l’incontro con il vangelo, il vangelo di un Dio fatto uomo”. Un brano di Evangelii Gaudium richiama con insistenza la “libertà inafferrabile della Parola, che è efficace a suo modo e in forme molto diverse, tali da sfuggire spesso le nostre previsioni e rompere i nostri schemi”. Gaudenzio ha proprio vissuto in questo modo, sempre aperto ai suggerimenti dello Spirito ovunque lo conducessero. Ha mostrato senza dubbio il coraggio di osare, la libertà di muoversi oltre gli schemi consolidati, la fantasia apostolica di cercare cammini nuovi per arrivare al cuore delle persone. Il suo tempo aveva bisogno di una testimonianza di valori cristiani (e quindi umani) molto forte e dall’altra una “una testimonianza evangelica fianco a fianco con tutti” nei vari campi possibili. Ha vissuto ogni giorno, e ha invitato i suoi fedeli a farlo, ricordandosi che l’amicizia, l’accoglienza, il vicinato, l’impegno condiviso per il lavoro o per lo studio o, più in generale, gli incontri che scandiscono la nostra vita sono spazi in cui vivere la nostra identità cristiana. Il discernimento di questo nostro tempo comporta una testimonianza di valori umani e cristiani che, nell’impegno culturale e sociale, chiede una testimonianza evangelica fianco a fianco con tutti. Gaudenzio non ha mai tenuto il Vangelo per se, rinchiudendolo o nascondendolo: sapeva bene che l’amore di Dio desidera raggiungere tutti e spinge ogni cuore ad andare, a uscire da se stessi. “Con il Signore non si può stare quieti, accomodati nel proprio mondo o nei ricordi nostalgici del passato; con Lui è vietato cullarsi nelle sicurezze acquisite”. Nel Vangelo e per i cristiani dei primi secoli, la sicurezza sta nell’andare, con fiducia: lì si rivela la sua forza. “Perché il Signore non apprezza gli agi e le comodità, ma scomoda e rilancia sempre. Ci vuole in uscita, liberi dalla tentazione di accontentarci quando stiamo bene e abbiamo tutto sotto controllo”. Gaudenzio ha sempre cercato di costruire la Chiesa con umiltà e indicando Cristo come centro e fonte della vita dei cristiani: anche oggi se mettiamo Cristo al cuore della nostra vita, questo può garantire l’unità nella comunità parrocchiale ed evitare che i singoli gruppi pensino di essere i migliorie gli unici capaci di lavorare. Ma il vero lavoro è annunciare il Vangelo e mostrare a tutti quella concordia e unità che garantisce di “contagiare” con la fede ogni persona che incontriamo. San Gaudenzio ci dice tante altre cose. Abbiamo la speranza che almeno le poche che abbiamo raccontato insieme possano concretizzarsi nella nostra Diocesi e nelle diverse parrocchie.
don Alessandro Maffiolini