L’apostolato cristiano è un dono e una missione che si riceve dal Signore risorto, come lui, il Figlio, l’ha ricevuto dal Padre. Nei vangeli Gesù invia gli apostoli in missione, anche oggi continua a farlo. Ci manda con la stessa autorità e missione che ha ricevuto: da qui nasce il coraggio dei cristiani nel compito ricevuto. Dopo duemila anni, non stupisce ascoltare che il primo compito assegnato da Gesù è la lotta contro il male. Un male che in ogni tempo affligge l’umanità. Presenza di Dio contro la presenza del male. Qui “presenza” significa “relazione”: l’umanità è chiamata a una scelta, a decidersi per il rapporto costruttivo con Dio attraverso Gesù o a schierarsi dalla parte delle potenze distruttive.” La risposta positiva alla chiamata a far parte dei discepoli di Gesù, la decisione di seguirlo, non elimina il conflitto con il male, ma impegna a vincerlo con il dono di sé”. Inoltre, proprio questa chiamata è l’atto costitutivo della storia e della vita di ogni cristiano; questa vocazione permette di vivere l’impegno quotidiano nella coerenza e nella fantasia dello Spirito. Certo occorre coraggio e distacco; entrambe non mancano a quanti si fidano della Parola di Dio e si mettono sulla sua strada. Siamo allora impegnati tutti a una nuova evangelizzazione capace di giungere ai confini della terra e nei luoghi in cui Dio sembra essere assente perché non più necessario alle persone e a una certa mentalità e cultura. “Essere portatori della Parola di Dio non è mai una conquista dell’uomo, ma piuttosto un dono e un mandato ricevuto da Dio. Profeti ed evangelizzatori si diventa per una chiamata e una iniziativa divina. Perciò non si tratta di una professione tra le altre”. Noi battezzati siamo chiamati a creare un ponte tra Gesù e le persone. Ogni cristiano trasmette agli altri la sua esperienza, così da favorire un incontro diretto tra la persona e Gesù stesso. Così scatta quell’amicizia vera con Lui e il riconoscimento della necessità entrare in comunione con Lui e con ogni persona. Non sono rari i casi in cui la missione è difficile e scomoda. Nonostante ciò, essa riguarda anche me, riguarda anche noi. È un far passare agli altri la ricchezza accumula in noi. È questo il vero dono di fraternità cristiana. Non portiamo noi stessi o le nostre idee o filosofie: si è, invece, testimoni di Cristo, inviati con la ricchezza dei talenti che ci ha donato. È pur vero che Dio comunque sa trarre il bene da tutto. Ricordiamo sempre che è Lui che converte e agisce sempre attraverso la nostra libertà e le nostre azioni quotidiane. “Chi annuncia non deve aver nulla che lo appesantisca, deve essere leggero e sgombro, non tanto di bisaccia e di mantello, quanto piuttosto libero da interessi umani, da ideologie da difendere, da compromissioni con le potenze di questo mondo. Queste cose non gli permettono di essere libero, lo condizionano, ne intralciano il lavoro, ne affievoliscono lo zelo, gli impediscono di essere credibile”. Dobbiamo fidarci meno dei mezzi umani e di più di Dio e della sua Parola: è Lui al centro dell’annuncio e non gli strumenti. Anche nei momenti di fallimento e smarrimento, Dio ha la possibilità di illuminare il nostro cuore e la strada da percorrere. Non ci abbandona mai. Con Dio non si sprecano le ricchezze presenti nella vita dei suoi figli. È proprio il Battesimo che ci rende missionari. Un battezzato che non sente il bisogno di annunciare il Vangelo, di annunciare Gesù, ricorda il Papa, non è un buon cristiano. Con coraggio portiamo nel mondo il messaggio del Vangelo in una esultanza umile e radiosa, per diffondere nel mondo le grandi ricchezze che Dio dona a noi sue creature.
don Alessandro Maffiolini