In questi giorni gli Italiani sembrano uniti in un unico popolo perché colpiti da una serie di tragedie culminate nella valanga sull’hotel Rigopiano in Abruzzo. Una tragedia che ancora adesso è nel suo pieno sviluppo, con i soccorsi che stanno cercando di ritrovare più superstiti possibili nel cumulo di neve e macerie dell’albergo. Colpiscono molto le immagini dei soccorritori che sfidano condizioni proibitive e pericolose e cercano di raggiungere con tutti i mezzi possibili e immaginabili la zona della tragedia. Hanno percorso chilometri nel buio della notte per ore e ore pur di arrivare sul luogo e provare a salvare più vite possibili. E questo sforzo immane di trovare qualcuno vivo sotto quel cumulo di neve e detriti, con le speranze sempre più ridotte ma comunque fervide, ci fa venire in mente che i soccorritori nel buio della notte e anche i sopravvissuti raggiunti sono stati illuminati da una luce di speranza che li ha guidati e sorretti. È molto bello vedere la mobilitazione di gruppi, persone, associazioni, parrocchie per cercare di dare aiuto a quanti sono colpiti da queste immani sofferenze. Per chi si professa credente è spontaneo vedere in tutto ciò la mano provvidente di Dio che si prende cura del Suo popolo proprio nella fragilità della condizione umana.
Oggi come ai tempi di Gesù lo scopo non è di condannare, ma prima di tutto di amare e soccorrere, diventando segni di speranza per tutti, proprio tutti. Questa è la missione della Chiesa oggi: essere là dove la gente vive, ama, soffre, cerca, cade, si rialza… È un compito faticoso e non privo di rischi, come quello dei soccorritori di una tragedia: è un dovere guidato non dal calcolo ma dal cuore e dalla consapevolezza che basta una piccola speranza per “riaprire una vita finita”. Siamo noi esseri umani con la nostra fede e la nostra disponibilità a “metterci la faccia”, siamo noi che abbiamo la capacità di illuminare la notte del mondo. Molte volte sembra che a causa delle diverse tragedie sprofondiamo in un’ombra di morte; solo accogliendo pienamente e con slancio la chiamata di Gesù, che abbiamo già ricevuto nel Battesimo, possiamo davvero fare la differenza nel nostro mondo.
In questo momento di difficoltà occorre evitare le colpevolizzazioni, specialmente quelle ‘ad ogni costo’. Lasciamo questo compito ai giudici, chiamati proprio dallo Stato a verificare, analizzare e decidere eventuali colpe e omissioni. È il tempo di agire. Vanno aiutate le persone colpite da queste tragedie, senza dimenticare quanti soffrono ancora per i risultati del terremoto e vivono in condizioni precarie e spesso poco umane. Il popolo deve sollecitare e spingere i politici a fare il loro dovere con leggi e interventi adeguati per aiutare le popolazioni in difficoltà e trovare i soldi necessari alla ricostruzione e al mettere in sicurezza le aree soggette a rischio terremoti e altri eventi naturali. Dobbiamo evitare che tra poco, calando l’attenzione mediatica, venga meno anche la volontà di mettere “in ordine” quei territori.
“Non è possibile vivere in questo modo”: è forse l’espressione più comune che si sente oggi tra la nostra gente; è vera e comprensibile. Nonostante questo, non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo arrenderci alle difficoltà dell’ora presente, alle preoccupazioni e ai pensieri che si annidano nella nostra mente. Dobbiamo impegnarci tutti, come stanno facendo i diversi soccorritori e avere tutti più fiducia in Dio: “la consapevolezza umana di essere continuamente bisognosi dell’aiuto e della protezione dell’Altissimo ci deve accompagnare ogni giorno”.
Alessandro Maffiolini