Noi conosciamo Dio solo guardando a “ciò che Egli ha fatto per noi”. Egli ha parlato all’uomo e l’ha fatto tramite il suo Figlio. È un cammino distribuito nel tempo e segue la logica dell’insegnamento progressivo. All’inizio Dio chiama il popolo ebraico a comprendere l’esistenza di un unico Dio; con questo popolo stringe un’alleanza che ha, tra l’altro, il compito di salvaguardare l’unicità di Dio in mezzo alle molteplici divinità pregate dai vari popoli. Con il Nuovo Testamento i tempi diventano fantastici: è Gesù stesso che fa capire come tale unicità, deriva dalla comunione di Padre e Figlio e Spirito Santo. Il termine “Trinità” non compare mai nella Bibbia. Troviamo però il contenuto che va tracciandosi con chiarezza: un unico Dio in tre persone uguali e distinte. Dio è il protagonista della Storia della Salvezza; ma non un Dio astratto, solitario, lassù nel cielo: è il Dio “comunione di Amore”, Padre e Figlio e Spirito Santo. Vicinanza è una delle parole fondamentali che desideriamo condividere insieme. La Trinità non è un rompicapo teologico, ma lo splendido mistero della vicinanza di Dio. La Trinità ci dice che non abbiamo un Dio distante e indifferente; “no, Lui è Padre che ci ha dato il suo Figlio, fattosi uomo come noi, e che per esserci ancora più vicino, per aiutarci a portare i pesi della vita, ci manda il suo stesso Spirito”. Lo Spirito Santo penetra nel nostro spirito e così ci consola da dentro, ci porta la tenerezza di Dio. “Con Dio i pesi della vita non restano sulle nostre spalle: lo Spirito, che nominiamo ogni volta che facciamo il segno della croce proprio mentre tocchiamo le spalle, viene a darci forza, a incoraggiarci, a sostenere i pesi”. Infatti, il nostro Dio è specialista nel risuscitare, nel risollevare, nel ricostruire, nel farci sentire importanti. Caro amico, cara amica, Dio ci comunica in modo chiaro e preciso: ci vuole più forza per riparare che per costruire, per ricominciare che per iniziare, per riconciliarsi che per andare d’accordo. Ci vuole insomma pochissimo per essere una comunità unità nel nome del Signore Gesù, Risorto dalla morte. Non è richiesto un grande sforzo. Sicuramente ci vuole più energia per vedere nemici, litigare, creare divisione, criticare alle spalle: ci vuole impegno per distruggere una relazione, una famiglia, una comunità. E alcune volte capita anche e soprattutto nelle comunità cristiane: non andiamo troppo lontano, non guardiamo sempre gli altri, non diciamo “lui-loro hanno fatto così e così”. Quanto compiono gli altri nel male, non può mai diventare scusa per fare la stessa cosa. È fantastico che Dio non faccia la stessa cosa con noi: altrimenti sarebbe la nostra fine. Recuperiamo la forza che Dio ci dona. Chi si avvicina a Dio non si abbatte, va avanti: ricomincia, riprova, ricostruisce. Soffre anche, ma riesce a ricominciare, a riprovare, a ricostruire. Dio con la sua forza di salvezza “si mette alla radice degli avvenimenti, per orientarli al bene, nonostante gli uomini troppo spesso li volgano al male, anzi proprio per questo”. Dio è “uno per l’altro” e se noi siamo fatti a immagine di Dio, credo che le conseguenze siano abbastanza chiare. Dio non è potere gerarchico, ma relazione. La nostra vocazione profonda è quindi la relazione, il vivere uno per l’altro, il cercare di costruire l’unità superando le divisioni profonde generate molto spesso dal desiderio di mettersi gli uno sopra gli altri. Speriamo di camminare così e di vedere risultati concreti e sinceri.
don Alessandro Maffiolini