La nostra società sta sperimentando processi di interdipendenza e interazione a livello globale. Ogni persona, comunque, appartiene all’umanità e condivide la speranza di un futuro migliore con l’intera famiglia del mondo. Il crescente fenomeno della mobilità umana emerge come un “segno dei tempi”: da una parte le migrazioni denunciano spesso mancanze e lacune degli Stati e della Comunità internazionale, dall’altra rivelano l’aspirazione dell’umanità “a vivere l’unità nel rispetto delle differenze, l’accoglienza e l’ospitalità che permettano l’equa condivisione dei beni della terra, la tutela e la sviluppo della dignità e della centralità di ogni essere umano”. Molte volte alla solidarietà e all’accoglienza, gesti fraterni, si contrappongono il rifiuto, la discriminazione, i traffici dello sfruttamento, del dolore e della morte. A destare preoccupazione, per ognuno di noi, sono le situazioni in cui la migrazione è forzata a causa di guerre, devastazioni, distruzioni, attentati alla propria vita; addirittura, alcune volte, realizzata attraverso varie modalità di schiavitù. Pur tra tanti problemi e difficoltà da affrontare, come stiamo vedendo in questi giorni, ciò che anima tanti migranti e rifugiati è il bisogno di fiducia e di speranza; essi portano nel cuore il desiderio di un futuro migliore per se stessi, per le proprie famiglie. Essi desiderano un “di più”, che è soprattutto un essere di più. “Non si può ridurre lo sviluppo alla mera crescita economica, conseguita, spesso, senza guardare alle persone più deboli e indifese. Il mondo può migliorare soltanto se l’attenzione primaria è rivolta alla persona, se la promozione della persona è integrale, in tutte le sue dimensioni”. I flussi migratori contemporanei costituiscono il più vasto movimento di persone, se non di popoli, di tutti i tempi. In fuga da situazioni di miseria o di persecuzione verso migliori prospettive, ”milioni di persone intraprendono il viaggio migratorio e, mentre sperano di trovare compimento alle attese, incontrano spesso diffidenza, chiusura ed esclusione e sono colpiti da altre sventure, spesso anche più gravi e che feriscono la loro dignità umana”. La realtà delle migrazioni chiede di essere affrontata e gestita con una cooperazione internazionale e con uno spirito di profonda solidarietà: occorre sempre tutelare la persona umana e ricercare un reciproco aiuto tra Paesi, senza sollevare barriere insormontabili. Questa collaborazione inizia con lo sforzo di “creare migliori condizioni economiche e sociali in patria, di modo che l’emigrazione non sia l’unica opzione per chi cerca pace, giustizia, sicurezza e pieno rispetto della dignità umana. Creare opportunità di lavoro nelle economie locali, eviterà inoltre la separazione delle famiglie”. Una persona che si professa cristiana e partecipa all’Eucarestia festiva, non può se non superare i pregiudizi e le precomprensioni nel considerare le migrazioni. “Non di rado, infatti, l’arrivo di migranti, profughi, richiedenti asilo e rifugiati suscita nelle popolazioni locali sospetti e ostilità. Nasce la paura che si producano sconvolgimenti nella sicurezza sociale, che si corra il rischio di perdere identità e cultura, che si alimenti la concorrenza sul mercato del lavoro o, addirittura, che si introducano nuovi fattori di criminalità”. Nessuno può, tanto meno un cristiano, fondare la dignità della persona sui criteri di capacità, produttività, appartenenza etnica o religiosa, simpatia o sentimentalismo. L’unico criterio valido è l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio, essere, quindi, figli di Dio. I migranti o rifugiati non sono allora un problema da affrontare, da allontanare o da eliminare. Sono invece un “fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare, un’occasione che la Provvidenza ci offre per contribuire alla costruzione di una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un mondo più fraterno e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo”. E tutto questo si può realizzare anche a Trecate: riscopriamo la nostra fede e apriamo concretamente il nostro cuore ogni volta che facciamo comunione con Gesù Cristo.
Alessandro Maffiolini