In questa settimana più gente del solito frequenta il cimitero, per portare dei fiori ai propri cari, per pulire le tombe e per offrire una preghiera. Il primo Novembre abbiamo celebrato la Solennità di tutti i Santi, e il giorno successivo la liturgia ci invita a commemorare i fedeli defunti. Queste due ricorrenze sono intimamente legate fra loro, così come “la gioia e le lacrime trovano in Gesù Cristo una sintesi che è fondamento della nostra fede e della nostra speranza”. Da una parte, infatti, la Chiesa, che vive nella storia concreta, si rallegra per l’intercessione dei Santi e dei Beati che la sostengono nella missione di annunciare il Vangelo; dall’altra, essa, come Gesù, “condivide il pianto di chi soffre il distacco dalle persone care, e come Lui e grazie a Lui fa risuonare il ringraziamento al Padre che ci ha liberato dal dominio del peccato e della morte”. La parola “cimitero” deriva dal greco e significa “luogo di riposo”. Questo è già indicativo e richiama subito una concezione prettamente cristiana: esso è il luogo in cui i nostri defunti rimangono in attesa del risveglio finale. È importante allora riscoprire il significato autentico di questa settimana dei defunti: noi celebriamo il Dio della vita, che desidera solo la vita per tutti i suoi figli. È bello allora pensare che sarà proprio il Signore Gesù stesso a risvegliarci. La morte del corpo è come un sonno dal quale il Signore della vita ci risveglia e ci ridona un’esistenza “eterna”. È solo con questa fede che possiamo sostare presso le tombe dei nostri cari, di quanti ci hanno voluto bene e ci hanno fatto del bene. La tradizione della Chiesa e la fede semplice dei cristiani, ha sempre esortato a pregare per i defunti, in particolare “offrendo per essi la Celebrazione eucaristica: essa è il miglior aiuto spirituale che noi possiamo dare alle loro anime, particolarmente a quelle più abbandonate”. Con loro, in fondo, esiste una “comunione” che ci lega e che permette di sentirli accanto a noi. Il ricordo dei defunti, la cura dei sepolcri e le nostre preghiere sono testimonianza di “fiduciosa speranza, radicata nella certezza che la morte non è l’ultima parola sulla sorte umana, poiché l’uomo è destinato a una vita senza limiti, che ha la sua radice e il suo compimento in Dio”. La festa di Tutti i Santi, ci ricorda che il traguardo della nostra esistenza non è la morte, è il Paradiso: infatti “quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”. I Santi, gli amici di Dio che hanno posto tutta la loro vita nelle sue mani, ci assicurano che questa promessa non delude. “Nella loro esistenza terrena, infatti, hanno vissuto in comunione profonda con Dio. Nel volto dei fratelli più piccoli e disprezzati hanno veduto il volto di Dio, e ora lo contemplano faccia a faccia nella sua bellezza gloriosa”. Questa diventa la nostra speranza: entrare in comunione, vedere Dio ed essere simili a Lui. È necessario pensare sempre alla speranza, una realtà che ci accompagna sempre nella vita. Dobbiamo, come trecatesi, incamminarci verso Dio e ancorare il nostro cuore a Cristo: questa è la speranza che non delude; “oggi e domani” sono giorni di speranza. La morte, evento naturale passaggio obbligato nella vita delle persone, assume un significato nuovo, perché non è più un punto interrogativo o un avvenimento di paura, ma ci dona il senso autentico della realtà. “Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo”. La morte è unicamente la fine del pellegrinaggio terreno dell’uomo, è “la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo”. Il fatto che la morte segni questo termine, deve servirci per indirizzare al bene la nostra vita, per comportarci con rettitudine, per spenderci nel servizio agli altri, con amore, responsabilità e coerenza. I nostri defunti che noi “andiamo a trovare” al Cimitero e i Santi, ci indicano proprio questo cammino: il non avere paura, il fidarsi del Signore, perché il Signore non delude! “Non delude mai, è un buon amico sempre al nostro fianco”. Con la loro testimonianza ci incoraggiano a “non avere paura di andare controcorrente o di essere incompresi e derisi quando parliamo di Lui e del Vangelo; ci dimostrano con la loro vita che chi rimane fedele a Dio e alla sua Parola sperimenta già su questa terra il conforto del suo amore e poi il centuplo nell’eternità”. È lo stimolo per ogni trecatese a raddoppiare gli sforzi per rendere, già da ora, la nostra città un lembo di cielo e a lottare contro tutto ciò che porta germi di morte e di disuguaglianza. Ecco che la fede in Cristo risorto ha trasformato la morte in certezza di vita. Ci troviamo davanti, grazie alla visita al cimitero, ai nostri cari defunti e all’invito pressante di imitare i loro gesti d’amore e di misericordia: “È un po’ come perpetuare la loro presenza in questo mondo”. E in effetti quei gesti evangelici sono gli unici che “resistono alla distruzione della morte: un atto di tenerezza, un aiuto generoso, un tempo passato ad ascoltare, una visita, una parola buona, un sorriso…”. Ai nostri occhi questi gesti possono sembrare insignificanti, ma agli occhi di Dio sono eterni, perché l’amore e la compassione sono più forti della morte.
Alessandro Maffiolini