“Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”
Lc 4,1-13

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Che cosa strana è la religione: quando è falsa promette tutto, quando è vera non promette niente.

Qui in Brasile, tra i cristiani pentecostali, è in voga la cosiddetta “Teologia della prosperità”. Spiegata in due parole – anche perché di più non ne merita – vuol dire che se sei fedele ai tuoi impegni religiosi, in primo luogo paghi il dizimo (la decima) alla tua chiesa, Dio ti risolve qualsiasi problema: ti regala una macchina, ti trova un impiego, ti risolve un problema di salute e così via. Perché, argomentano gli astuti inventori di questa ennesima presa in giro, “Deus è fiel”, Dio è fedele.

Come é diversa questa visione, tanto di Dio quanto del cristiano, da quella che ci è presentata dal Vangelo di Matteo, che leggeremo nella prima domenica di Quaresima. Lì si presenta una nuova sintesi tra l’umano e il divino: un Dio che non “risolve” e un uomo che non “chiede”. È il superamento della logica mercantile che, purtroppo, inquina anche le relazioni più preziose. Rompe la logica dell’interesse, della necessità assoluta, della pretesa senza misericordia, quindi dell’ombroso risentimento che attanaglia sempre chi si sente “tradito”. Lì, sul monte delle tentazioni, nessuno tradisce, perché nessuno delude in quanto nessuno si illude. Una cosa sola viene ribadita con forza ed è la volontà di rimanere fedeli a quella relazione, costi quello che costi. E non per una qualche forma di masochistica sudditanza, ma semplicemente perché, se nella vita c’è qualcosa di vero, qualcosa di buono, qualcosa che vale e che dura all’infinito, è lì che lo si trova ed è lì che lo si può sempre recuperare (cf. la parabola del Padre misericordioso di Luca 15,11-32).

Non credo si debba essere né raffinati teologi, né penetranti filosofi per intuire che la bellezza di questa sostanziale forma di libertà è quella di chi non mette al centro se stesso, ma sempre e solo ciò che con l’altro e per l’altro accade. In effetti la Rivelazione cristiana, la rivelazione della Croce, non risolve problemi. Ha solo la forza, tutta quella forza che, nelle relazioni più vere, noi stessi abbiamo, seppur fugacemente, conosciuto. Certo, bisogna avere gli occhi aperti, ben aperti. Occhi che vogliono scrutare, non per giudicare, condannare, accusare, pretendere, ma ri-conoscere. Non c’è nulla di meccanico nella vita, nulla di scontato, direi quasi di “naturale” e lo sappiamo bene. Il meglio, infatti, va’ sempre dissotterrato con la delicatezza di un amante saggio e prudente. “Dobbiamo allora perseverare – ha scritto il grande teologo ortodosso Olivier Clément – Oggi tutto ciò che è essenziale sembra sotterraneo, come la grotta della natività, come la grotta del cuore. Bisogna che lo sia. Bisogna che il Dio della libertà e della gioia s’incontri con l’uomo postmoderno, che è adulto e nel contempo non accetta di esserlo, che è potente e insieme disperato, nel punto più segreto della sua angoscia e del suo desiderio”.

Padre Massimo Casaro