Disaffezione a un sacramento
Lo sviluppo storico della confessione porta, dalla metà del 1500, a vedere l’assoluzione come un atto prettamente giuridico. Il sacerdote è come un giudice che emette una sentenza, il peccato è considerato un crimine, il peccatore un imputato: la confessione diventa un’autoaccusa, la penitenza una pena cui sottoporsi e l’assoluzione una sentenza. Il rapporto tra confessore e penitente diventa distaccato. L’invenzione del confessionale è il segno tangibile di questa relazione: nasce per segnalare tale differenza e garantire una distanza specialmente dalle donne. A poco a poco si trasforma in un mobile collocato in tutte le chiese per tutti i penitenti.
L’esigenza di essere assolti, nonostante gli interventi di vari pontefici e l’instancabile lavoro di Santi molto popolari, subisce una diminuzione fino a portare a una vera e propria ‘allergia’ al sacramento della Penitenza e quindi al confessarsi poco o mai. Si arriva, a causa della cultura moderna, a prendere le distanze dall’idea stessa di peccato, non riuscendo più a concepire il male come una presenza effettiva nella vita delle persone. Spesso non si riesce a riconoscere cosa sia bene e cosa male, tanto che, in nome della libertà di coscienza, si pensa di poter definire ciò che è lecito e ciò che è peccato, secondo criteri di opportunità o di comodità che prescindono dall’ascolto di Dio e fanno riferimento solo a fattori culturali. Si è arrivati a non avere più coscienza di ciò che è male: diventa allora superflua anche la richiesta di perdono e la presenza di Dio risulta insignificante rispetto alla valutazione morale. L’esito è che ogni persona si costruisce una morale secondo la propria misura e non ritiene più che esistano criteri oggettivi per giudicare le azioni quotidiane. Si giustifica ciò che l’uomo fa solo perché l’ha scelto e si arriva a far svanire l’esigenza di chiedere a Dio di essere perdonati.
Nasce addirittura l’idea che l’essere umano di oggi non possa mai sbagliare e che l’errore faccia parte della vita quotidiana: allora tutto può essere giustificato e diventa inutile chiedere perdono sia a Dio, sia agli altri. Infine ricordiamo che, se da una parte è evidente una banalizzazione del corpo e una sua spettacolarizzazione, dall’altra rimane un senso di pudore a raccontare i propri peccati ad un’altra persona, un sacerdote che è un uomo come noi.
Tentativi di risveglio
In Italia è solo nel 1973 che viene promulgato il Nuovo Rito della Penitenza. Esso è frutto di un lungo lavoro, che parte dalla consapevolezza che sia necessario rinnovare la celebrazione e analizzare bene gli elementi storici, teologici e pastorali relativi al sacramento. Ogni parte della Riconciliazione è definita in base alla conversione del cuore, elemento centrale di ogni riflessione. Il ministro è considerato ormai padre e pastore, rappresentante di Cristo e della Chiesa che sostiene la conversione del peccatore. Nonostante ciò, molti fedeli continuano a rimanere distanti dal sacramento della Penitenza. Negli anni successivi, la Chiesa promuove una serie d’iniziative con lo scopo di risvegliare la prassi sacramentale. Nel 1984 Giovanni Paolo II richiama con forza che la missione ricca e complessa della Chiesa ha il suo centro della riconciliazione dell’uomo: con Dio, con se stesso, con i fratelli, con tutto il creato.
Riconciliatrice è la Chiesa capace di proclamare il messaggio della conversione del cuore come via necessaria verso l’intesa fra gli esseri umani. Presenta il mistero del peccato e gli strumenti per promuovere una pastorale della penitenza e della riconciliazione. Alcuni anni dopo lo stesso Papa, in un’Enciclica, individua alcune strutture di peccato che vanno ‘diagnosticate’ bene per intraprendere un cammino che permetta di superarle. Nel 1992 il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica più di sessanta numeri per spiegare con precisione il sacramento della Riconciliazione e renderlo comprensibile e vivibile a tutti i battezzati.
I tre anni di preparazione al 2000 si trasformano in un cammino serio per attualizzare il grande Giubileo nella vita delle persone. Si arriva alla “purificazione della memoria”: un processo volto a liberare la coscienza personale e collettiva da tutte le forme di risentimento o di violenza, che le colpe del passato possono averci lasciato. È un atto di coraggio e di umiltà con cui i cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini, delle offese causate dai loro comportamenti. Giovanni Paolo II ritornerà ancora a presentare e a riflettere su alcuni aspetti della celebrazione del sacramento. Arriviamo così ai pronunciamenti di Benedetto XVI e Francesco sull’avvicinarsi alla Misericordia di Dio e a non aver paura ad ‘abitare’ il confessionale.
A cura di Alessandro Maffiolini