Essere comunità missionarie
Desideriamo parlare di un qualcosa di fondamentale che spesso non trova spazio nei nostri dialoghi e nel nostro modo di vivere e pensare. Spesso siamo talmente presi dal litigare tra di noi e dall’accusare gli altri che ci dimentichiamo la chiamata di ogni cristiano, o meglio di ogni essere umano, a entrare in relazione con quanti ci circondano, senza distinzioni o contrapposizioni. Quanto tempo e energie sprecate per questo e non per testimoniare la Misericordia del Padre. È stata indicativa la canonizzazione di sette persone celebrata dal Papa: sono esse che ci indicano come il coraggio di vivere il Vangelo permetta di uscire da noi e di andare a chiamare tutti, fino agli incroci delle strade; così acconsentiamo alla nostra vita, ai gruppi, alla comunità civile e religiosa di non fermarsi, di non chiudersi in sé e di non “ammalarsi” di egoismo e di superbia. Chi si ferma, come dice il proverbio, è perduto: abbassa le “palpebre dei propri occhi” e sceglie di non accorgersi delle persone che gli stanno attorno; spesso riconosce solo quelli di cui ha bisogno per se stesso. Molte volte accade; il rischio è che, aiutati dalla cultura dominante e da un certo modo di ragionare e agire, arriviamo a convincerci di essere sempre nel giusto e che “gli altri” siano il problema.
Superando queste realtà possiamo permettere il rinnovamento della società, della cultura e delle nazioni: diventiamo allora testimoni di un qualcosa che è in noi, ma non ci appartiene e che è l’unica medicina per sconfiggere le “malattie” che abbiamo in noi e attorno a noi. Gli Apostoli non sono rimasti a Gerusalemme e nel mondo ebraico, ma proprio annunziando Cristo e “costruendo” la Chiesa negli altri popoli hanno rinnovato la Chiesa dandole un respiro e una consistenza universali.
Questo schema di azione è, ancora oggi, l’unico modo per rinnovare le nostre comunità e l’immagine stessa di ogni essere umano. Molte volte, è altrettanto vero, sperimentiamo la scarsità e l’inadeguatezza “degli operai”; solo un’adeguata apertura al mondo, rimanendo saldi su Cristo e sulla Sua Chiesa può garantire la soluzione del problema. La Giornata Missionaria Mondiale può trasformarsi nell’occasione che cerchiamo: incontrare il Signore ci dona la capacità di non avere paura del “diverso” e ci apre alla completa realizzazione di noi stessi, specialmente nell’annunciare a tutti la Misericordia del Padre, nella comprensione più giusta dei problemi della gente (nostri fratelli e sorelle) e nell’affrontare le difficoltà in modo adeguato. Prendiamoci cura della vita, con una spiccata attenzione alle persone più che alle strutture e mettiamo in gioco ogni risorsa umana e spirituale nel costruire armonia, relazioni, pace, solidarietà, dialogo, sostegno e fraternità, sia “nell’ambito dei rapporti interpersonali sia in quello più ampio della vita sociale e culturale, in particolare della cura dei poveri”. Abbiamo la speranza fondata che tutte le comunità, compresa quella della nostra città di Trecate, compiano scelte di apertura, in modo da porre in atto ogni mezzo necessario per procedere nel cammino di una vera conversione. Allora nessuno si sentirà costretto a lasciare le cose come stanno: abbiamo bisogno di persone altruiste che, illuminate dalla Parola di Dio, siano in “stato permanente di missione”.
Ogni popolo e cultura ha diritto ad avere il necessario per vivere con dignità e a ricevere, inoltre, il messaggio di salvezza che è offerto da Dio a tutti. Questo duplice dono diventa tanto più necessario se consideriamo quante ingiustizie, guerre, crisi umanitarie oggi attendono una soluzione. Non sottraiamoci alla nostra “umanità”, ma diventiamo autentici missionari della Misericordia.
A cura di Alessandro Maffiolini