Misericordia, strada aperta
Circa diecimila Porte Sante sono state ormai chiuse; domenica 20 novembre papa Francesco chiuderà anche quella della basilica di San Pietro. Sembrerebbe che l’Anno Santo della Misericordia sia finito. Quest’affermazione da una parte è vera, dall’altra ogni avvenimento nella Chiesa non è mai limitato al periodo trascorso o a fatti ‘chiusi nel tempo’. Dobbiamo certamente ringraziare il successore di Pietro per il dono del Giubileo che ha aperto a tutti l’occasione di riflettere in modo nuovo e preciso sul grande mistero della Misericordia del Padre, di un Padre che non può se non continuare ad amare e a perdonare i propri figli. Abbiamo scoperto una cosa eccezionale, cioè che la Misericordia, correttamente intesa, è effettivamente l’immagine più espressiva della presenza di Dio in Gesù Cristo: ha aperto all’umanità un aspetto di Dio inedito e in contemporanea difficile da accettare e vivere. Dio è dono gratuito e umile, disposto a unire la propria vita con quella degli esseri umani.
Oggi siamo davanti ad un’umanità che compie scelte a volte contrarie alla Parola di Dio, che pretende di imbrigliare Dio stesso nei propri schemi di comodità e utilità, arrivando a considerare il Signore come un qualcosa d’inutile o un puro accessorio nella propria vita. Questo Giubileo ha invece scardinato tale modo di pensare: dobbiamo solo accorgercene e aprire il nostro cuore a Dio. È l’invito che è rivolto a tanti battezzati che professandosi “credenti ma non praticanti” relativizzano Dio stesso e si sentono autorizzati a vivere e a comportarsi come se Lui non esistesse: Dio è Misericordia che se accolta nella propria vita ha la possibilità di trasformarla e renderla capace di diventare a Sua volta operatrice di amore e perdono, compiendo così “grandi cose”.
L’essenza di quest’anno è stata quella di averci aiutato a riformulare l’esperienza della nostra fede: il primo atto della conclusione del Giubileo è il sollecitare la nostra responsabilità, ogni giorno, a prendere posizione di fronte all’evento di Cristo e alla potenza del Suo amore che è a nostra disposizione. Siamo allora chiamati a “tenere fisso lo sguardo verso il compimento del Regno di Dio e a costruire il futuro su questa Terra”, lavorando per dare sapore al presente, inserendovi il seme della compassione di Dio verso il mondo intero. Noi che ci diciamo cristiani siamo chiamati a non restare chiusi in noi stessi e nelle nostre difficoltà, ma ad aprirci sempre verso quanti hanno necessità del nostro aiuto. Ci farà bene non “archiviare”, ma continuare a tornare al Vangelo e alle parole che il Papa ci ha abbondantemente donato nell’anno vissuto. Segni di un Giubileo trascorso diventano la capacità di perdonare sempre e tutti; il desiderio di arrivare ai confini della Terra e alle periferie esistenziali delle nostre città; la consapevolezza che se mettiamo al centro noi stessi, il nostro egoismo, la nostra voglia di potere, non saremo mai costruttori di unità e di una comunità veramente evangelizzatrice. Un passo indietro è necessario per fare spazio a Dio. A noi la scelta sul futuro nostro e del mondo. Abbiamo chiuso la porta santa… ma non la misericordia!
“Passa per tutte le fessure e soprattutto per le nostre ferite! C’è una crepa in ogni cosa. È da lì che entra la luce”. Camminiamo, dunque, rinnovati da questa esperienza che ci ha donato una nuova consapevolezza, di verità e di pienezza, ma anche di tensione a comunicare questa vita nuova di Cristo agli uomini e donne che ci vivono accanto.
A cura di Alessandro Maffiolini