La partenza è una domanda posta da Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana: “Questo mondo degli scarti dove ci porterà?”. È una domanda particolare. “Quello che il Papa dice è il Vangelo a dirlo. Che il Papa mi debba ricordare che ho bisogno di vivere il Vangelo diventa preoccupante”. Dopo 2000 anni di Cristianesimo e molti di più di civiltà, il mondo non è ancora arrivato a essere un luogo in cui ogni persona ha la possibilità di vivere con dignità e di essere accolta come persona. È una giornata che ha lo scopo di ricordare al mondo e ai battezzati come sia molto facile parlare di amore (quanti canti anche lo fanno): nel momento in cui però arriva il povero, il migrante, la persona diversa da noi, chiudiamo ermeticamente le porte, invocando pulizia, sicurezza e giustizia. Molti sono i “cristiani” che affermano di “fare la carità” o di averne diritto. Dobbiamo però ricordare coraggiosamente la verità del Vangelo che ci dice come “la carità non si misura da quello che do, ma da quello che mi tolgo. Solo quando mi privo di qualcosa per condividere, allora incomincia la mia carità”.
Ecco la “parola buona”: condivisione. Solo questo atteggiamento di fondo dà la possibilità di una comunione vera e autentica. Inoltre mostra la capacità dei credenti di rendere concreta l’Eucaristia che celebrano ogni domenica: altrimenti la Messa si riduce unicamente a una cerimonia per assopire la nostra coscienza e sentirci a posto con “la legge della Chiesa”. Diciamo di andare a Messa, di essere credenti e ci sentiamo sciolti e liberi da ogni problema che coinvolge i nostri fratelli. È orribile e incomprensibile come con le potenzialità della nostra epoca una percentuale alta di persone soffra la fame e l’esclusione; addirittura, in Italia, a Novara e forse anche a Trecate, ancora oggi ci sono persone con le mani dentro il cassonetto per cercare da mangiare.
“Un Papa che continuamente parla di poveri ci sta dicendo che senza il povero non c’è il Vangelo”. Alcune volte può darci fastidio. È pur vero che il Vangelo ruota attorno ai poveri intesi sotto una pluralità di significati. Questo ci dice che è un discorso antico almeno quanto la frase scritta nei Vangeli (se non addirittura della Bibbia stessa) e sul quale siamo chiamati a riflettere e soprattutto a porre una serie di scelte capaci di ridare dignità a tutte le persone del mondo. Potrebbe essere questa la concretizzazione dell’invito di Gesù: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”. Non è possibile proclamarci credenti se non ci convertiamo concretamente e cambiamo il nostro stile di vita, di pensiero e di decisioni. Ci stiamo avvicinando a una Giornata (19 novembre) che è un appello ineludibile alle coscienze per contribuire in modo efficace al cambiamento della Storia e favorire un vero sviluppo per il mondo intero. Non sono teorie o ipotesi, ma un richiamo alla concretezza della fede e della civiltà. I poveri non sono una categoria sociale decisa dalla sociologia, ma persone come noi che vanno incontrate, accolte e amate. Per questo non vanno visti come un problema da risolvere, ma “sono una risorsa a cui attingere per accogliere e vivere l’essenza del Vangelo, ripensando i nostri stili di vita, rimettendo al centro le relazioni fondate sul riconoscimento della dignità umana”.
Cari lettori, la povertà permette di assumere liberamente le responsabilità personali e sociali, per creare un mondo più giusto, confidando nella vicinanza di Dio e sostenuti dalla Sua Grazia.
Alessandro Maffiolini