Questa frase dovrebbe essere ripetuta ogni giorno della vita, perché può permettere a noi cristiani di evitare tante parole inutile e che impediscono di manifestare l’amore di Dio a quanti incontriamo. Tante volte avremmo potuto rimanere in silenzio e saremmo stati un po’ più vicino alla fonte della vera gioia. Viviamo nell’era della comunicazione: oggi si ritiene che la persona si possa realizzare nella misura in cui comunica nel “villaggio globale” che è diventato il mondo. In parte questo è vero; tuttavia se si favorisce unicamente quest’aspetto, si corre il rischio di perdere un’altra dimensione importante della creatura umana, anzi quella che fonda la stessa comunicazione: il silenzio. La parola, infatti, per essere piena di senso deve maturarsi e alimentarsi, sgorgare da un cuore le cui radici sono immerse nel mistero divino. “Solo ascoltando l’altro s’inizia un cammino che può portare all’amore, alla comunione. Avviene così tra gli uomini, avviene così anche con Dio: il primo modo di conoscerlo è prestare ascolto alla sua Parola”. È un cammino serio quello proposto: solo così si può comprendere la voce di Dio tra le molte voci presenti nella quotidianità. E la voce di Dio continua a chiamare ogni persona a pronunciare il proprio “sì” a Lui e intraprendere la via del dono agli altri. Ascoltare allora è di vitale importanza: trasformare il modo di abitare le relazioni e il mondo, il modo di pensare, è una questione decisiva. “Concretamente si tratta di rispondere a una chiamata e seguire la strada già tracciata da Gesù compiendo le sue stesse scelte, verso un cammino sovente sconosciuto e oscuro”. La chiamata allora diventa sempre una realtà inattesa, che ci sorprende e ci strappa dai nostri schemi e dal mondo che ci siamo costruiti. È però una proposta di bellezza e di beatitudine autentica: non solo la chiamata al sacerdozio o a una speciale consacrazione, ma anche la chiamata alla vita familiare e alla vita cristiana. Alla fine la questione è fare silenzio per comprendere la voce di Gesù e scegliere liberamente la direzione della nostra vita. Certo è un dono, ma è anche una scelta e una scommessa. È essere felici o prendere la strada della solitudine e della guerra. Ogni vocazione è lasciare il nostro mondo per incontrare il Signore e portare il suo amore ai confini della terra. Questo realizza il nostro desiderio di gioia e di amore. Solo così, ci indicano i vangeli, siamo pronti a farci dono ai fratelli e alle sorelle che incontriamo sul nostro cammino. Rispondere a una delle varie chiamate, implica il prendere coraggio e buttarsi senza paura nell’avventura della vita e del dono di sé. Aprire il cuore all’ascolto è occasione di porre uno sguardo autentico su se stesso e sulle proprie scelte e capacità. Questo sguardo illuminato dal silenzio, diventa “discernimento” sereno, lettura della realtà e visione profonda della propria vita. È porsi in cammino sul modello di Gesù, degli apostoli dopo Pentecoste, di quei cristiani che nell’umiltà cercano di vivere con coerenza il Vangelo. Inoltre ascoltare conduce a un irresistibile desiderio di portare quanto si è ascoltato e meditato a ogni persona, sino ai confini della terra. Ogni vocazione ha questo necessario e decisivo compito: non metterlo in pratica dice l’incapacità ad ascoltare presente in noi. L’ascolto della Parola trasforma il cuore e fa passare dalla logica della chiusura, della divisione e della superiorità a quella della vita, dell’amore e dell’accoglienza. E tutto ciò, diciamocelo, è la bellezza della fede cristiana: permette a ogni vocazione di esprimere le proprie potenzialità e di essere parola eloquente al mondo intero.
don Alessandro Maffiolini