L’Antico Testamento usa il nome “Signore” per indicare il Dio d’Israele. Col Nuovo testamento abbiamo una grande novità: Signore è usato per il Padre ed è riconosciuto, senza problemi, anche al Figlio, poiché Egli stesso Dio. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che Gesù stesso attribuisce a sé, in maniera velata, tale titolo quando discute con i farisei, ma anche in modo esplicito rivolgendosi ai suoi Apostoli. Durante la vita pubblica i suoi gesti di potenza sulla natura, sulle malattie, sui demoni, sulla morte e sul peccato, manifestavano la sua potenza e sovranità divina. Molto spesso, nei Vangeli, alcune persone si rivolgono a Gesù chiamandolo “Signore”. Questo titolo esprime il rispetto e la fiducia di quanti si avvicinano a Gesù e da lui attendono aiuto e guarigione. I cristiani, illuminati dallo Spirito Santo, esprimono il riconoscimento del mistero divino di Gesù. Inoltre, fin dall’inizio della prima comunità cristiana, l’affermazione della signoria di Gesù sul mondo e sulla storia richiede anche il riconoscimento che “l’uomo non deve sottomettere la propria libertà personale, in modo assoluto, ad alcun potere terreno, ma soltanto a Dio Padre e al Signore Gesù Cristo”. È il punto focale della questione: o la nostra libertà è capace di scegliere ogni giorno Gesù Cristo e seguirlo con fiducia e fatica, o ci conduce su una strada che ci porta lontani da Dio e fa smarrire la nostra stessa umanità. Infatti, notiamo, sempre più, diverse persone che pur dicendosi “credenti e non praticanti”, non hanno il desiderio di seguire Dio e realizzare la sua volontà. La Parola diventa sempre più estranea dalla vita di queste persone; l’unico criterio diventa il proprio interesse ed egoismo. Non siamo, però, qui a giudicare queste persone, anche perché non è raro che quanti in qualche modo sono “praticanti”, vivono come se Dio non esistesse e non avesse nulla da dire alla loro vita. O meglio: davanti a scelte concrete da fare, anche difficili, Dio non centra nulla ed è messo immediatamente da parte (non conta). Abbiamo davanti agli occhi, un mondo, una cultura, una mentalità, una società che procede dimenticandosi di Dio. E noi non siamo lontani. Abbiamo però l’occasione di riprendere in mano la nostra vita e di cambiare rotta: non è semplice, non è facile, ma è possibile ed è certamente un cammino di gioia vera. Essere cristiano, allora, significa riconoscere Gesù come “Signore”, vivere solo di Lui e per Lui, “camminare sulle sue orme, in unione con Lui, in obbedienza al Padre e offrendosi al servizio degli uomini. Essere in Cristo, vivere con Cristo e per Cristo, significa amare nella dimensione della croce, come Egli ci ha amati e favoriti col suo Spirito”. Questo grande annuncio può solo nascere da un cuore che crede, da una vita che manifesta questo credo e da una bocca che professa con coerenza la propria fede. Allora, come emerge dai primi capitoli degli Atti, anche oggi ciò può scuotere il mondo dal torpore dell’incredulità e convertirlo al Vangelo con l’annuncio semplice, ma forte, della fortezza di Dio. Solo un cristiano che si sente in compagnia di Dio e lo tiene presente ogni istante della sua giornata, ha la possibilità meravigliosa di testimoniare che Dio è Signore della sua vita: è un Dio che non delude e non abbandona mai; è sempre al nostro fianco; ci sostiene con maggior forza e coraggio nelle difficoltà e sofferenze; desidera per noi unicamente la gioia e la felicità. Insomma, non è un Dio che ci sfrutta, ma un Signore che vuole la nostra salvezza e dona tutto se stesso a noi.
don Alessandro Maffiolini