Il mondo in cui viviamo e che siamo come cristiani chiamati ad amare e servire, richiede dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. “Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. Quello che Dio ci chiede è già contenuto nella parola “Sinodo”. È il camminare insieme, laici e pastori, senza prevaricare uno sull’altro, nello spirito della comunione. Ciascun battezzato, ricorda Papa Francesco, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado d’istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione. Inoltre, per una Diocesi e una comunità cristiana, è inadeguato pensare a un modello di evangelizzazione portato avanti unicamente da attori qualificati (esperti o studiosi) in cui il resto del Popolo di Dio fosse solamente recettivo delle loro azioni. Una comunità in cui sono pochi a scegliere, non è Chiesa: è qualcosa di altro che non ha nulla a che vedere con l’evangelizzazione. “ Anche il Gregge possiede un proprio fiuto per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa”. Infatti, è impossibile parlare della famiglia, dei giovani e di altre realtà, senza interpellarle, ascoltando le loro gioie e le loro speranze, i loro dolori e le loro angosce. Siamo chiamati a essere sempre più una comunità (e Chiesa) dell’ascolto, nella consapevolezza profonda che ascoltare è molto più che sentire e poi fare comunque quello che si vuole. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare dall’altro. Ecco allora almeno due livelli dell’ascolto. Ascoltare la Parola di Dio, nella quale si manifesta la possibilità della conoscenza di Dio e della sua volontà. Primato, egemonia, centralità del Vangelo: tutto è fatto e scelto alla sua luce. La diversità dell’interpretazione può essere vinta dall’ascoltare insieme: abituarsi a essere una comunità e una chiesa che riconosce innanzitutto “fraternità” in Gesù. Dall’altra parte, lo abbiamo già detto, non possiamo non ascoltare i segni dei tempi. Solo così siamo una Chiesa concreta, presente nella storia e in compagnia degli uomini. Siamo allora pronti anche a rispondere concretamente alle speranze e alle attese dell’umanità. Infine si richiede l’ascolto del popolo di Dio. Il popolo è portatore di una parola, di un “senso”, un istinto della fede che lo abilita a discernere ciò che viene realmente da Dio. Come ci ricorda l’Apocalisse, è il popolo che deve interpretare “ciò che lo Spirito dice alle chiese”. “Perciò va interrogato e ascoltato, sempre affermando la diversità dei carismi, la differenza di autorità tra i vari ministeri”. Un altro esempio è l’assemblea di Gerusalemme descritta dagli Atti degli apostoli. L’ascolto nella chiesa deve essere reciproco: “Ognuno ascolta l’altro e tutti insieme s’impegnano nell’interpretazione delle posizioni, anche nel conflitto, ma sempre nella ricerca comune della verità”. Si tratta di valutare e discernere insieme attraverso “un’argomentazione seria e sinfonica”. Nessuna paura dei conflitti, già presenti nella chiesa apostolica, ma l’importante è la volontà di attraversare il conflitto nella carità, cercando sempre di salvaguardare la comunione, nell’umiltà di riconoscere se stessi mancanti rispetto alla verità che mai si possiede ma sempre si cerca, perché ci precede tutti”. Certo ascoltare è impegnativo; decidere da soli, o con la propria autorità, è più semplice e appagante: non siamo certi se sempre costruisce la comunità o la Chiesa. Lo può se rendiamo l’ascoltare insieme una necessità e un modo di agire quotidiano. È infine, dare il “giusto” valore anche ai laici e alle altre persone.
don Alessandro Maffiolini