Perle e tesori

Sono due parabole molto simili nel contenuto e nella struttura, per ribadire un concetto piuttosto evidente: incontrare Dio è la cosa più bella che possa succedere, è una sorpresa per cui vale la pena di abbandonare tutto. Ma devi agire con scaltrezza e urgenza se vuoi che ciò accada. I verbi si riferiscono al contadino e al mercante ma è evidente che il protagonista è un altro: il tesoro nascosto nel campo, la perla preziosa a lungo cercata. Sono loro che possiedono gli uomini e non viceversa. Mi piace pensare che Matteo indichi al discepolo due tempi e due modi di sequela. Il bracciante trova il tesoro per caso, inaspettatamente. Il mercante (emporos indica un ricco mercante con negozi e filiali), invece, trova la perla dopo una lunga ricerca. Sono le due dimensioni presenti in ogni esperienza di fede: lo stupore di chi scopre qualcosa d’inatteso e bellissimo e, insieme, la fatica di cercarlo e di custodirlo.

Dettagli

Ci sono, nel racconto, alcuni dettagli da rilevare: sono portatrici di senso ulteriore. Prima è descritto lo stupore del bracciante per la scoperta, poi la decisione di vendere tutto per acquistare il terreno. Accade anche a noi: ci avviciniamo (o riavviciniamo) alla fede perché inciampiamo in qualcosa di prezioso che ci affascina. Ma solo dopo che abbiamo davvero messo la ricerca al centro e ci siamo fidati, scopriamo tantissime altre cose su Dio e su di noi e possiamo gioire del tesoro della sua presenza! Un altro dettaglio è il valore della perla. Nell’antichità era considerata la cosa più inestimabile che si potesse possedere. Le perle si pescavano nel mar Rosso o nei mari dell’Arabia ed erano ambitissime. Il nostro modo di dire sei una perla deriva proprio dal loro valore che giustificava, fra l’altro, la ricerca onerosa del mercante che viaggia per mezzo mondo alla ricerca di qualche pezzo pregiato.

Il cuore

Il centro della parabola è in una piccola e splendida frase: apòtescharas, spinto dalla gioia. Il bracciante è spinto dalla gioia. La gioia inattesa e improvvisa di avere scoperto qualcosa d’inimmaginabile lo spinge a fare delle scelte drastiche, irrevocabili. Così si presenta il Dio di Gesù, come il portatore di una gioia ineguagliabile. Ed è la gioia a spingere il bracciante a raccogliere tutti i suoi risparmi per avere denaro sufficiente a comprare il campo in cui è nascosto il tesoro. È la gioia a muovere il mercante di perle che, nel suo girovagare, trova la perla più preziosa di tutte, e che lo spinge a vendere tutto ciò che ha per averla. Entrambi vendono tutto. Poco, per il bracciante. Tantissimo, per il mercante. È un modo esplicito per dire che vale la pena dare tutto ciò che si ha per comprare il campo e la perla. Nulla uguaglia la gioia dello scoprirsi amati da Dio. Troppe volte il cristianesimo è stato accostato alla sofferenza, al dolore, al dovere. Siamo tutti pronti a fare l’elenco delle tante belle cose cui abbiamo rinunciato per essere dei bravi cristiani. Siamo morigerati, mortificati, fedeli a un solo partner, onesti (almeno più degli altri), disponibili… Molti pensano che la fede sia qualcosa di giusto, di doveroso, d’importante. Ma di mortalmente noioso. E se ne tengono a debita distanza. In questa parabola, invece, tutto è ribaltato. È la gioia che spinge, che converte e convince, è la gioia che fa cambiare. Per questa ragione dobbiamo recuperare e praticare la gioia cristiana che non si riduce a una forte emozione ma che è il frutto di una lunga conversione. È una tristezza superata. Sarebbe bello che questa gioia – almeno un poco – fosse più evidente sui nostri volti, nelle nostre scelte, nei nostri cuori, nelle nostre assemblee…

Ho trovato

Il vero convertito non sottolinea ciò che lascia, ma ciò che trova. Non dice: ho lasciato, ma: ho trovato. Non dice: ho venduto, ma: ho scoperto un tesoro! Il discepolo parla di appartenenza. Noi, spesso, siamo più attenti alle cose che abbiamo abbandonato. La vita è una caccia al tesoro, dice Gesù. Ci vuole costanza e fiducia nel cercare, come il mercante, ci vuole passione e curiosità, per lasciarsi incontrare da Dio. Gesù ci presenta l’incontro con Dio come la scoperta di un tesoro, di una perla dal valore inestimabile. Ci provoca dicendo che è la cosa più bella che ci possa accadere. E giungerà a dire di essere lui, il Signore, più grande della più grande gioia che siamo in grado di vivere. Più degli affetti, delle relazioni, delle legittime gioie che la vita ci regala e che siamo chiamati a vivere per rendere gloria a Dio che le dona. Più di tutto. Il contadino giunge alla fede per caso. Il mercante dopo un’estenuante ricerca. Ma, entrambi, scoprono una gioia incontenibile, che fa passare in secondo piano tutto il resto, tutto ciò che credevano essenziale. Dio è gioia, dice Gesù. Il suo Dio è gioia. Non quello delle nostre paure, proiezione dei nostri fantasmi. Un Dio accigliato e severo, scostante e bizzarro, incomprensibile e lunatico. Il suo è il Dio della gioia.