Abbiamo preso coscienza di essere in un tempo particolarmente complesso, in cui paura, speriamo sapienza e, sicuramente, una certa incoscienza, sembrano guidare le nostre scelte. I vaccini anticovid19 sembrano accendere uno spiraglio di “luce” dopo un periodo terribile e capace di sfilacciare i rapporti e le comunità. In tutto ciò, l’Avvento e il Natale segnano l’inizio di un nuovo anno liturgico, in cui la Parola di Dio in questo tempo annuncia e celebra la speranza. Dio Padre, nel mistero dell’Incarnazione del Figlio, si rivela come volto compassionevole dell’Amore e si fa prossimo all’umanità ferita, stanca e sofferente. “La storia ci ha messi di fronte alla prova impegnativa di un’emergenza sanitaria che non sta risparmiando nessuno, chi direttamente e chi indirettamente”. Il nostro cuore è soffocato dalla paura, le relazioni sembrano sospese come molte delle attività normali che contraddistinguono il mese di dicembre. “Se pur immersi in questa situazione inedita, non vogliamo chiuderci all’inedito di Dio. Anzi, desideriamo aprirci a Lui, e ad ogni uomo e donna”. Siamo stati chiamati, nel modo più difficile, a imparare nuovamente a essere tessitori di fraternità e ricordarci che la sofferenza non può chiuderci in noi stessi. Nonostante diverse dense ombre, il tempo di Avvento, comunque ci permette di dare voce ai tanti percorsi di speranza. Dio non viene mai meno alla sua promessa di seminare nell’umanità semi di bene. Ricorda Papa Francesco: “La recente pandemia ci ha permesso di recuperare e apprezzare tanti compagni e compagne di viaggio che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. Siamo stati capaci di riconoscere che le nostre vite sono intrecciate e sostenute da persone ordinarie che, senza dubbio, hanno scritto gli avvenimenti decisivi della nostra storia condivisa”. Sono persone che hanno cercato di rimanere unite: l’unità è una delle chiavi per celebrare e annunciare la vita. Questo ci dice che non è cristiano il pensare “Sto bene io. Voglio dormire sonni tranquilli” e portare divisione e differenze nella fraternità e nella comunità. Non si va da nessuna parte. E nel cammino di Avvento e di Natale, tante sono le domande rivolte agli uomini che detengono il potere e l’autorità. Rimane sempre per i battezzati e anche per ogni persona, la speranza cristiana: è l’invito a non guardare alla storia in maniera rassegnata, perché le sue radici sono nel cuore stesso di Dio. Essa, invece, chiede di vivere il nostro impegno nel mondo con coraggio e con fiducia. Allora non solo il tempo nuovo sarà spazio di speranza, ma noi stessi saremo uomini e donne di speranza. In queste settimane preghiamo affermando, come ci ricorda il Messale Romano nel prefazio dell’Avvento, che il nostro tempo è quello nel quale “osiamo sperare vigilanti nell’attesa”. Desideriamo davvero “osare sperare” e guardare al futuro con fiducia nella consapevolezza che la nostra vita già appartiene a Dio, “che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva”. Grazie a Gesù che ha assunto tutta la nostra umanità, ci possiamo aprire alla speranza di ricevere un aiuto nella vita e addirittura una vita nuova. Il gesto dell’amore rimane e non andrà perduto. Sentiamoci incoraggiati dal Signore a iniziare così questo tempo, a essere sapienti, liberi e docili alla voce dello Spirito imparando nella preghiera ad ascoltarlo e a fare il bene che possiamo con fiducia e libertà di cuore.
don Alessandro Maffiolini